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Iter legislativo verso l’integrazione degli alunni con disabilità

T.U. – R.D. del 1928 – Estendeva l’obbligo scolastico ai ciechi e ai sordomuti che non presentassero altre anomalie che impedissero loro di adempirvi.

Inizi anni 70 – Si apre il problema dell’inserimento e poi dell’integrazione dell’alunno disabile nella vita sociale e nella scuola dell’obbligo.

Legge n. 118 del 30/03/1971 (Art. 27) – Disponeva l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Legge n. 118 del 30/03/1971 (Art. 28) – disponeva per i mutilati ed invalidi civili l’inserimento nelle classi normali della scuola pubblica, salvo i casi in cui fossero presenti condizioni di difficoltà tali da rendere problematico l’inserimento stesso. Lo stesso articolo, al comma 3, assicurava la facilitazione della frequenza presso le scuole medie superiori e l’università.

Documento Falcucci del 1975 (si rivolge alla scuola dell’obbligo) – : «Un nuovo modo di essere della scuola, condizione della piena integrazione scolastica». Il documento parte dalle seguenti premesse:
– i soggetti in difficoltà di sviluppo, di apprendimento e di adattamento devono essere considerati protagonisti della loro crescita;
– negli stessi soggetti esistono delle potenzialità conoscitive, operative e relazionali spesso bloccate.
Di conseguenza, «la scuola, proprio perché deve rapportare l’azione educativa alle potenzialità di ogni allievo, appare la struttura più appropriata per far superare le condizioni di emarginazione in cui altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati».
L’innovazione della scuola a questi fini passa attraverso la determinazione degli obiettivi e la valutazione dei risultati, soprattutto nella «affermazione di un più articolato concetto di apprendimento che valorizzi tutte le forme espressive (tramite) le quali l’alunno realizza e sviluppa le proprie potenzialità e che sino ad ora sono state prevalentemente in ombra». Inoltre, «l’ingresso di nuovi linguaggi nella scuola, se costituisce infatti un arricchimento per tutti, risulta essenziale per gli alunni handicappati». Così «accanto ai livelli di intelligenza logicoastrattiva», deve essere «considerata anche l’intelligenza sensorio-motoria e pratica». Quando vengono forniti loro dei programmi scolastici adeguati e forme di sostegno in ambiti integrati, gli alunni tendono a imparare di più di quanto riesca loro in ambiti separati. Inoltre, quando sono educati dagli adulti in ambiti integrati, tutti gli alunni possono imparare a capire, rispettare gli altri, essere sensibili e abituarsi alle differenze e somiglianze tra i loro compagni. Gli alunni possono anche imparare a interagire, comunicare, instaurare amicizie, lavorare insieme e aiutarsi a vicenda sulla base delle loro potenzialità e dei loro bisogni individuali.

Legge 517 del 1977 – Sstabilisce il principio di inclusione per tutti gli alunni disabili della scuola elementare e  media dai 6 ai 14 anni, imponendo però l’obbligo di una programmazione educativa da parte di tutti gli insegnanti della classe, che venivano affiancati da un Insegnante Specializzato per  il “sostegno  didattico”. “Al fine di agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della classe oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni.” (art. 2). La stessa legge abolisce inoltre le classi differenziali, previste dalla L.1859 del 1962.

Legge 270 del 1982 – Definisce invece il ruolo amministrativo dell’insegnante di sostegno e attribuisce alle scuole materne con soggetti con handicap le attrezzature necessarie all’inserimento.

Circolare Ministeriale n. 258/83:
– a livello giuridico propone, come base, la collaborazione istituzionale fra Scuola, Enti locali e AA.SS.LL.tramite la stipula di precise “Intese”;
– a livello organizzativo traccia le linee di tale collaborazione, proponendo in particolare gruppi di lavoro interprofessionali e interistituzionali;
– a livello operativo concreto individua nella “diagnosi / profilo funzionale” e nel “piano educativo individualizzato” gli strumenti tecnici per programmare e controllare una efficace ed efficiente integrazione scolastica.

Sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 1987 – Dichiara incostituzionale il precedente articolo di legge in quanto lesivo dell’art. 3 della Costituzione che sancisce per gli individui pari dignità ed uguaglianza formale e sostanziale: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. É compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Si riconosceva quindi il diritto pieno ed incondizionato di tutti gli alunni disabili, anche se in situazione di gravità, a frequentare anche le scuole superiori, imponendo a tutti gli enti interessati (amministrazione scolastica, Enti locali, Unità sanitarie locali) di porre in essere i servizi di propria competenza per sostenere l’integrazione scolastica generalizzata.
Questa sentenza pone quindi le premesse per l’integrazione non solo in ambito giuridico, ma anche in ambito socio-culturale. I punti fondamentali che emergono dalla sentenza possono essere così sintetizzati:

  • non esiste un handicap irreversibile, ma si cerca di attuare delle strategie di ogni sorta finalizzate al recupero delle persone con disabilità, permettendo loro di raggiungere obiettivi e livelli più alti;
  • l’inserimento e l’integrazione sono prerequisiti per il recupero; la persona con disabilità può comunque ottenere dei benefici dall’inserimento stesso, perché i modelli a cui si rifà l’alunno all’interno di una classe creano la motivazione per superare i suoi stessi limiti.

Circolare Ministeriale n. 262 del 1988 – Dava attuazione alla sentenza n. 215/87 e ne esplicitava i contenuti facendo, peraltro, riferimento anche alla scuola superiore. Iniziano ad essere abolite le strutture chiuse ed emarginanti.

Circolare Ministeriale n. 1 del 04/01/1988 – Riporta come oggetto la “Continuità educativa nel processo di integrazione degli alunni portatori di handicap”. Prevede che nel passaggio da un ordine di scuola ad un altro l’alunno con disabilità sia accompagnato dal docente specializzato per le attività di sostegno che lo ha seguito nella scuola di provenienza. Il Dirigente Scolastico della scuola del ciclo superiore deve farne richiesta all’Ufficio Scolastico Provinciale, che rilascia l’autorizzazione al docente di seguire l’alunno nella nuova scuola per un periodo non superiore ai tre mesi.

Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” n. 104/92 – Può essere considerata come il più completo contributo sull’handicap in materia normativa, in quanto riordina e amplia tutta la normativa precedente. Agli articoli da 12 a 16 fissa i principi per una buona qualità dell’integrazione scolastica: “L’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione” (articolo 12, comma 3). L’integrazione scolastica della persona handicappata si realizza nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università (articolo 13).
Le principali azioni promosse dalla legge n.104/92 prevedono:

  • l’integrazione scolastica e socio-educativa realizzata mediante progetti di integrazione in classe e programmazione di iniziative atte a favorire il potenziamento delle abilità primarie e la prosecuzione della socializzazione degli alunni con disabilità:
  • il sostegno alla famiglia delle persone con disabilità mediante l’introduzione di progetti di carattere socio-educativo di appoggio al nucleo familiare, di organizzazione di opportunità di inserimento occupazionale mediante percorsi individualizzati comprensivi di azioni di orientamento, consulenza;
  • l’attuazione concreta della programmazione didattica relativa all’alunno con disabilità, stilata congiuntamente dagli operatori sanitari, dalla famiglia, dalla scuola, in modo che sia delineato il profilo globale dell’alunno in età scolare, secondo il principio della continuità educativa;
  • l’erogazione di diversi servizi da parte di vari enti in maniera coordinata, programmata e finanziata per garantire la concreta attuazione.

Nonostante un quadro normativo fra i più avanzati in tutto il mondo, resta ancora fra i “normodotati” e i “disabili” un confine molto labile che scaturisce dalla confusione fra “deficit” ed “handicap”.

D.L. 297 del 16/02/1994Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione – Ingloba la legge 104/92 nella normativa scolastica. Esso sancisce il diritto all’educazione, all’istruzione e alla integrazione dell’alunno con handicap, stabilisce quali sono le persone aventi diritto e le modalità di attuazione dell’integrazione scolastica.

O. M. n. 80/95 – Reca le norme per lo svolgimento degli scrutini. All’art. 13 riporta le disposizioni per la valutazione degli alunni con disabilità. Tale ordinanza stabilisce che nei confronti degli alunni con minorazioni fisiche e sensoriali (ciechi o sordi) non si procede di norma ad alcuna programmazione differenziata, ma solamente per obiettivi minimi. Per gli alunni con handicap psichici ci deve invece essere una valutazione differenziata da parte del consiglio di classe, sulla scorta del P.E.P. In quest’ultimo caso gli allievi conseguono la qualifica professionale o di maestro d’arte, spendibile come credito per successivi corsi. Possono ripetere le classi fino a 3 volte e in caso di bocciatura è necessario abbassare gli obiettivi del P.E.P. Nel caso di programmazione differenziata, in calce alla pagella deve essere apposta la seguente annotazione “la presente votazione è riferita al P.E.P. e non ai programmi ministeriali ed è adottata ai sensi dell’art. 13 dell’ordinanza ministeriale n. 80 del 9 marzo 1995”.

D.P.R. n. 275 del 1999 – Regolamenta l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Esso invita le istituzioni scolastiche a valorizzare le diversità, promuovendo iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. “Nell’esercizio dell’autonomia didattica, le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni”. Grazie a tale decreto le scuole possono adottare le forme di flessibilità ritenute più opportune e attivare dei percorsi didattici personalizzati, nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni con disabilità.

O.M. n. 90/01 – Reca le norme per lo svolgimento degli scrutini in merito alla disabilità. Ha come obiettivo quello di permettere l’adempimento all’innalzamento dell’obbligo scolastico, consentendo l’iscrizione degli alunni con handicap alle scuole superiori. Infatti all’art. 11 comma 12 si precisa che per gli alunni per i quali “si accerti il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano educativo individualizzato”, il Consiglio di Classe può decidere la ripetenza o l’ammissione agli esami di licenza media al solo fine di rilascio di un attestato di credito formativo. All’art. 15 ribadisce quanto stabilito dall’O.M. 80/95; inoltre qualora un Consiglio di Classe della scuola secondaria di secondo grado intenda adottare la valutazione differenziata, deve darne immediata comunicazione alla famiglia fissandole un termine per manifestare un formale assenso, in mancanza del quale la modalità valutativa proposta si intende accettata. In caso di diniego espresso, l’alunno non può essere considerato in situazione di handicap ai soli fini della valutazione.

O.M. n. 29 del 2001 – Stabilisce le modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore. L’art. 17 si riferisce agli esami per i candidati con disabilità. Infatti viene stabilito che la commissione d’esami, sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe, deve preparare per i candidati con disabilità le prove equipollenti a quelle assegnate a tutti gli altri candidati. Tale preparazione deve attenersi a quanto riportato nella relazione sull’alunno con disabilità allegata al Documento del 15 Maggio, dove vengono riportati:

  • la descrizione del deficit e dell’handicap;
  • la descrizione del percorso realizzato dall’alunno;
  • l’esposizione delle modalità di formulazione e realizzazione delle prove per le valutazioni e precisamente:eventuale richiesta di prove equipollenti e di assistenza
    • con quali tecnologie;
    • con quali strumenti;
    • con quali modalità;
    • con quali contenuti;
    • con quale assistenza (docente specializzato, assistente all’autonomia, assistente alla comunicazione, etc.)

Tali prove devono essere quindi coerenti con il percorso seguito dall’alunno e devono verificare che il candidato abbia raggiunto una preparazione culturale e professionale idonea per il rilascio del diploma attestante il superamento dell’esame. Qualora il consiglio di classe ritenesse opportuno dedicare dei tempi più lunghi allo svolgimento delle prove (scritte, grafiche, colloquio), non è possibile andare oltre il numero dei giorni stabiliti dalla commissione per le prove, se non in caso eccezionali.
Lo stesso articolo al comma 4 regolamenta le prove d’esame per gli allievi che hanno seguito una programmazione differenziata. Per loro sono previste delle prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, ma finalizzate al rilascio dell’attestazione di competenze. I testi di tali prove devono essere forniti dalle commissioni, sulla base della documentazione prodotta dal consiglio di classe.

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